LE SERVE, UNA DANZA DI GUERRA

da JEAN GENET

MARCIDO MARCIDORJS E FAMOSA MIMOSA

con Maria Luisa Abate e Lauretta Dal Cin

progetto scenografico di Daniela Dal Cin

direzione di Marco Isidori

 

Minicronaca

Nel 1985, in una soffitta torinese, nel quartiere di San Salvario, precisamente nell’occhio del ciclone interrazziale che sta tra la via di Nizza e la via Berthollet, i Marcido esordivano con questo spettacolo tratto dalle “Serve” di Jean Genet ; una performance che, e lo si può  dire con verità, produsse un’eco non secondaria nel panorama della ricerca teatrale italiana, suscitando adesioni appassionate (quella di Beppe Bartolucci, ad esempio, che fu fondamentale affinché i Marcido esistessero) ed altrettanto appassionati dissensi. Questo lavoro diventò per la compagnia neonata, un perfetto cavallo di battaglia: agile, potente e soprattutto feroce nell’indiscutibilità arrogante della sua struttura drammaturgica. Allora quelle rappresentazioni “casalinghe”, rubate alla pazienza condominiale, tormentate quanto si può immaginare dalle difficoltà logistiche di procurarsi un pubblico ancorché  non pagante, quelle processioni di teatranti un po’ interdetti, di critici sospettosi, di semplici amanti dell’accadimento scenico, che salivano le scale cercando di prevedere cosa mai sarebbe avvenuto su, in alto; e poi, quando la serata si concludeva, quando il nostro minuscolo sipario di frecce di ferro dichiarava la fine della rappresentazione, constatare la soddisfazione dei molti anche titolati spettatori, quel clima di sacralità che s’era riusciti ad instaurare; insomma tutta questa atmosfera la Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, a distanza di quasi tre lustri, ricorda con amore e con un briciolo di rimpianto, perché, nel frattempo, è normale e mortale, quell’aura magica intorno ad un momento di Teatro si è andata pian piano volatilizzando, spazzata via dalla crescita stessa della compagnia ( malgrado gli sforzi che ancora oggi facciamo per non dimenticarla del tutto, quell’aura buona…). Lo “Studio “ per Le Serve , è stato, senza dubbio, nella strenua condensazione  dei suoi segnali , uno spettacolo della forza drammatica molto inusuale, sia per l’inflessibile determinazione coreografico/vocale che ne reggeva lo scheletro, sia per la prestazione superlativa e veramente “fuorimisura” di Maria Luisa Abate, qui alla sua prima prova importante; ma anche l’idea scenografica dell’intestino di perle che fuoriesce dal ventre di Solange durante il monologo finale già possedeva, in nuce, quel taglio visuale con il quale Daniela  Dal Cin, costruì ed organizzò poi le grandi “macchine” sceniche dei Marcido. Il primo scontro della compagnia con il Teatro, definiva subito uno stile: lo stile dei Marcido. Oggi vogliamo riproporlo, sempre nell’interpretazione di Maria Luisa Abate, ma aiutata però, nello sforzo, da una giovane allieva del nostro laboratorio: Cristina  Andrighetti, al suo debutto; e questo per significare una ”tenuta” del Teatro sul Tempo, perché crediamo fortemente nelle sorti dello spettacolo dal vivo e nella possibilità di trasmettere alle generazioni che s’affacciano, quella specifica qualità di “ presenza dimostrante” che nessun’altra forma di intrattenimento spettacolare può possedere.